Filippo Lunardi

General Manager presso Palazzina Grassi di Venezia
Filippo Lunardi
H:
Grazie Filippo per averci accolto nella tua struttura, raccontaci un po’ la tua esperienza, e parlaci anche di Palazzina Grassi.
FL:
Grazie a te Stefano, è un piacere averti qui! Certo, mi presento volentieri, sono Filippo, ho 40 anni e sono Direttore di Palazzina Grassi da novembre 2022. Prima ero Direttore di un altro hotel 5* qui a Venezia e prima ancora ho trascorso 5 anni in Toscana come Vicedirettore. A livello professionale ho 20 anni di esperienza nell’ospitalità, tra Londra, Roma presso il gruppo Baglioni per diversi anni, poi Toscana e infine qui a Venezia. Essendo io di origine veneta, sono quasi tornato a casa diciamo.

Palazzina Grassi è un boutique hotel di 25 camere, sul Canal Grande, unico albergo in Italia disegnato interamente da Philippe Starck e l’apertura di questa struttura è stata nel 2010. Successivamente è stata rilevata da Relegance Group nel 2017.
H:
Grazie Filippo, entrando nel dettaglio, quanti collaboratori lavorano qui?
FL:
Attualmente sono 45 persone, tra front e back, in quanto abbiamo degli uffici a Mestre.
H:
Sempre in relazione alle risorse umane, c’è stato un cambiamento dal 2020? Com’era la situazione prima e come si è evoluta?
FL:
Fino al 2020 c’era, da parte dei giovani, più predisposizione per questo settore, soprattutto per la ristorazione. Era più facile reperire determinate risorse e c’era più desiderio di conoscere queste realtà e di crescere e fare carriera in albergo.

Nel 2020 c’è stata questa frenata imposta a tutti. Quando siamo ripartiti, soprattutto nel 2022 che è stata una stagione esaltante per tutti, c’è stata un po’ di difficoltà nel reperire quelle stesse risorse che prima si trovavano molto più facilmente. Questo dovuto probabilmente anche a cambi di visione, non necessariamente di voglia di fare o di interesse. Si è scoperto molto di più quello che è la digitalizzazione, lo smart working, si sono aperti dei mondi alternativi che prima erano meno conosciuti nel territorio italiano.
H:
Come hanno vissuto i collaboratori il pre e post pandemia?
FL:
Tanti sono rimasti, abbiamo un team solido che è con me da molti anni, sono persone giovani e dinamiche, molto disponibili.
Sono persone che, per esempio, sono arrivate qui come Commis e adesso ricoprono il ruolo di Restaurant Manager. Le nuove risorse a livello di expertise sono state più difficili da reperire, non solo in termini qualitativi ma quantitativi e ancora oggi stiamo vivendo questa dinamica.
Quello che notiamo è che sono cambiate un po’ le priorità a livello personale. Diamo quindi più valore al balance del lifestyle, quindi lo star bene a livello di vita personale, aspetto che oggi sta diventato fondamentale per ogni persona.

I ragazzi giovani che stanno entrando a far parte di Palazzina Grassi sono persone ambizione e questo è un aspetto positivo.
Diciamo che l’ambizione è rimasta, la voglia di fare è rimasta, ma ci sono meno risorse. Credo comunque che siano importantissime a livello di territorio delle Academy, delle scuole che possano dare profusione a quello che è la realtà alberghiera oggi a 360°. Sto parlando di realtà che sappiano trasmettere passione, amore per il settore e anche una certa filosofia di vita. Sottolineo filosofia di vita perché secondo me l’ospitalità diventa uno stile di vita in quanto si creano dei rapporti umani con i clienti, relazioni e interazioni costanti: questo è il bello del nostro lavoro.
H:
Sono molto allineato con te, soprattutto per quanto riguarda il concetto di stile di vita. Sempre parlando di nuovi collaboratori, come vengono inseriti in struttura? Come avviene il processo di selezione, di onboarding?
FL:
Il processo di selezione è rimasto un po’ quello che era prima della pandemia, ovvero il classico colloquio. Una volta arrivavano più candidature spontanee, adesso invece si fanno molti annunci. Quando arrivano poi le candidature, l’iter è sempre lo stesso, HR o direzione o restaurant manager affianca i nuovi collaboratori in quella che è l’entrata in azienda. Diamo loro gli strumenti necessari per conoscere l’azienda e per lavorare. Anche qui siamo in fase di cambiamenti, c’è molta digitalizzazione, si sta togliendo la carta, stiamo passando molto di più al digitale, ce lo chiede anche la sostenibilità.

Successivamente, le persone vengono ufficialmente inserite diventando autonome nel loro lavoro. Devo dire che i giovani d’oggi sono molto svegli, molto bravi e su questo hanno bisogno di un affiancamento relativamente breve perché sono molto attenti quindi è un insegnare loro in modo veloce perché c’è forte intuitività e apprendimento anche a livello tecnologico. Arrivano in struttura che sono già un passo avanti rispetto a noi che, qualche anno, utilizzavamo prettamente strumenti cartacei.
H:
A livello di spirito, di filosofia, di identità come viene trasmessa alle persone nuove?
FL:
Ci tengo a dire che abbiamo un’identità diversa rispetto al resto di Venezia, sia in termini di design che di entertainment visto che siamo anche un club in cui facciamo serate con DJ internazionali.

Quando affianchi una persona nuova o in fase di colloquio glielo devi trasmettere. È vero anche che, comunque, molti conoscono già Palazzina e il nostro brand.

Abbiamo molti giovani che sono con noi anche dopo tanti anni, si sono trovati bene e hanno deciso di far parte di questa famiglia che è Relegance e hanno lo stesso entusiasmo di quando sono arrivati 5/10 anni fa.
La cosa bella è che riescono a trasmettere questo entusiasmo ai ragazzi di oggi e questa è la chiave del successo perché chi fa la differenza è chi lavora con noi.

Qui a Venezia ci sono tantissimi alberghi bellissimi, alcuni storici, altri in apertura ma per noi, chi fa la differenza e rende Palazzina quello che è, è chi ci lavora e sa dare e far vivere un’esperienza all’ospite. Se in passato si cercava puramente il soggiorno, ora, dopo il covid, gli ospiti cercano le esperienze.

È necessario quindi dare un plus, ci deve essere qualcosa in più che fa la differenza nel soggiorno. Per esempio, pensiamo a servizi come la spesa al mercato con lo chef: questo è un tipo di servizio che coinvolge l’ospite, lo fa sentire al centro e allo stesso tempo genera ricordi e stimoli per tornare da noi.
H:
Ottima riflessione. Quindi, com’è cambiato l’ospite?
FL:
L’ospite è cambiato tantissimo. Innanzitutto, in termini di spesa, i prezzi si sono alzati notevolmente in tutta Italia. È un ospite più esigente, giustamente, perché è cambiato anche il tenore di vita e cerca quindi quel qualcosa in più rispetto al passato.

Vuole vivere Venezia non come il classico turista che sta in albergo e va in Piazza San Marco, a Rialto e poi se ne va. Il nuovo ospite vuole tornare a casa con qualcosa che l’abbia riempito a livello emotivo e questo deriva dalla capacità di chi lo accoglie in struttura.

Il nostro compito è saper suscitare in lui il desiderio di tornare. Questo, oltre a soddisfare il nostro ospite, ci permette di fidelizzarlo a lungo termine. Essendo noi un boutique hotel di 25 camere, cerchiamo di rendere ogni soggiorno di ogni ospite taylormade (fatto su misura).

Nel dettaglio, è importante ricordarsi il loro nome, salutarli alla colazione la mattina, sapere se hanno bisogno di qualcosa, chiedere come è andata la cena del giorno prima nel ristorante che avevamo consigliato, farli sentire non in un albergo ma in una casa. Questo è un concetto fondamentale per noi e in un albergo di piccole dimensioni questo è fattibile, mentre in un albergo con 200 camere è molto più complesso. Un altro aspetto che ci aiuta è il fatto che lo staff è rimasto solido anche dopo il covid, mentre altre strutture qui a Venezia hanno perso gran parte del loro personale.
H:
Alcuni nostri clienti ci riferiscono che dopo il covid si nota un livello più alto di tensione nel personale e una difficoltà nella gestione dei complaint. Che esperienze avete voi a riguardo? Perché qui sicuramente l’ospite è molto esigente.
FL:
È vero, l’ospite qui è molto esigente, ma abbiamo pochi complaint, la struttura è mantenuta come una casa, sia dal reparto housekeeping sia da tutti i collaboratori degli altri reparti.

Questo ci permette di mantenere tutti i servizi ad un altissimo livello. Ovviamente bisogna anche rendere il nostro staff felice, quindi inseriamo programmi e progetti welfare, la possibilità di partecipare a dei corsi di formazione: tutti aspetti che fino a qualche anno fa non c’erano. Parlo anche di integrazioni economiche di gratificazione per far capire allo staff che apprezziamo il loro lavoro e il loro valore. Per me è fondamentale far sì che ogni collaboratore si senta parte di un progetto, soprattutto nel nostro caso, visto che siamo un gruppo in espansione. Le persone che lavorano qui devono sapere dove stiamo andando, quali sono la nostra missione e i nostri desideri e che loro sono per noi parte di tutto ciò. Questo fa sì che si crei un ambiente solido, sereno e duraturo.
H:
Parlando di Guest Experience, com’è il lavoro di progettazione interna? Quando programmate e pianificate o cercate di prevedere quali possono essere le possibili esigenze dei vostri ospiti e come avviene questo processo?
FL:
È un lavoro quotidiano. Si mettono insieme tante idee di tutti, non è mai una scelta unilaterale, c’è sempre molto confronto. Tutti i collaboratori sono coinvolti, da chi organizza eventi qui da noi, da chi si occupa di sales, a chi si occupa di prenotazione, al concierge, a chi lavora al ricevimento, alla direzione, alla proprietà che è molto partecipe in quello che è la quotidianità e l’operatività. Per rispondere ai bisogni degli ospiti collaboriamo con gli artigiani del posto.

Questo perché l’ospite vuole vivere la città, non vuole sentirsi un turista, vuole vivere qualcosa di diverso, dalla vetreria dove ti fanno fare il vetro, ai mosaici, alla tessitura tradizionale del 1700. Per esempio, proponiamo tantissime esperienze diverse in base all’ospite che abbiamo, da quello che vuole andare al mercato con lo chef e poi cucinare quello che hanno comprato, oppure il giro in barca al tramonto e poi finire a cena a Murano o Burano. La guest experience varia tantissimo ed è progettata sempre nel dettaglio.
H:
Immagino che i vostri clienti siamo per lo più di nazionalità straniera.
FL:
In termini di provenienza, c’è una grande differenza rispetto al periodo pre-covid. È sempre presente l’ospite internazionale, ma abbiamo (in percentuale) un numero maggiore di ospiti italiani. Questo mi fa molto piacere perché significa che Venezia viene riscoperta dagli abitanti del nostro Paese. Magari in passato gli stessi italiani preferivano destinazioni estere, esotiche e adesso hanno compreso che abbiamo delle città meravigliose da vivere. L’Italia è un posto pazzesco, dalle montagne, al mare, alle città d’arte, siamo unici nel mondo.
H:
Per quanto riguarda il coinvolgimento dello staff, voi siete una proprietà con più strutture e in espansione, quanto conta soprattutto per un giovane vedere prospettive future a livello lavorativo? Una volta potevi entrare in una struttura e pensare di crescere e stabilirti lì, adesso sappiamo che non è più una prerogativa così assoluta. Nel vostro caso, invece, quanto impatta nelle persone giovani o che stanno lavorando da poco, il fatto di vedere che a monte c’è una prospettiva, un progetto comune per il futuro?
FL:
Tantissimo, è giusto che ci siano prospettive e ambizioni nei giovani, o magari in persone meno giovani che hanno già fatto un percorso di carriera e magari cercano e trovano la stabilità. Chi è giovane è giusto che abbia l’ambizione e che veda un progetto di crescita, magari non tutte le strutture, compagnie, società, possono offrirlo. Sicuramente i grandi gruppi internazionali, avendo centinaia di strutture, possono darti un percorso di crescita. Noi nel nostro piccolo, con le varie strutture che abbiamo e che vogliamo integrare, vogliamo fare lo stesso. Desideriamo crescere restando fedeli al Made in Italy, ma con la possibilità, per chi fa parte del gruppo, di poter crescere e essere parte di questa evoluzione.
Palazzina Grassi a Venezia
H:
Molto interessante, in questa maniera un giovane può vedere questa azienda come un mezzo per scoprire il mondo e diventare un po’ cosmopolita (che è una caratteristica vitale per questa professione).
Parliamo ora della “parte oscura” dell’ospitalità, tu sei General Manager di questa struttura, hai un’esperienza di 20 anni in questo settore e hai vissuto diverse fasi storiche ed economiche. Secondo te, che cosa dovrebbe migliorare il mondo dell’ospitalità per diventare più attrattivo, per ritornare ad essere un punto di riferimento come era qualche decennio fa?
FL:
Prima non c’erano tante scuole di formazione, adesso ne stanno nascendo in Italia. Forse siamo un po’ in ritardo noi, rispetto a altre nazionalità come la Svizzera o gli Stati Uniti. In Italia stanno nascendo adesso delle realtà simili a quelle estere che hanno grande importanza, soprattutto per il futuro del settore. Ci sono lati bellissimi di questo lavoro, che sono i rapporti umani, c’è sempre il lato oscuro, come in tutti i lavori, l’esperienza che ti devi creare e i sacrifici che devi fare, nell’ospitalità così come in tanti altri settori. È sempre un lavoro, quindi c’è bisogno di dedizione e la volontà.
H:
Per quanto riguarda le persone che lavorano qui che tipi di percorsi formativi avete in serbo? Avete in mente qualcosa in particolare?
FL:
Ci sono delle persone che frequentano o frequenteranno il corso per diventare Sommelier o per diventare Front Office Manager. Investiamo in base alle inclinazioni e volontà delle singole persone perché come azienda siamo consapevole che, quando una persona entra nella nostra realtà, è nostro compito fornire anche le motivazioni per rimanere e crescere con noi. Puntiamo a creare una squadra al cui interno possano crescere e raggiungere soddisfazioni professionali.
Palazzina Grassi a Venezia
H:
Sulla base della tua esperienza, cosa consiglieresti a un tuo collega che sta vivendo le dinamiche che caratterizzano questo settore e cosa diresti a un giovane per invitarlo a lavorare in questo mondo?
FL:
Ad un/a collega consiglio di non smettere mai, di continuare, di credere in quello che fa, di avere l’ambizione e soprattutto si avere un buon rapporto con le persone che ha intorno e di trovare sempre il tempo per un confronto, di alimentare la propria voglia di condivisione. Ai giovani dico di seguire le proprie passioni e di essere affamati di know how, di imparare da chi ha più esperienza e a condividere le loro idee per portare novità, innovazioni e nuove visioni.